Il nuovo corso dell’architettura persiana

Nonostante le complessità che lo caratterizzano, l’Iran è fucina di giovani studi di architettura già acclamati a livello internazionale. Come Next Office e ZAV architects.

Nel luglio 2018 due prestigiosi riconoscimenti – il Royal Academy Dorfman Award e l’AR House of the Year – sono andati ad Alireza Taghaboni e ZAV architects, giovani progettisti di base a Teheran. Un risultato che ha dello straordinario, per una generazione quasi del tutto estranea ai circuiti internazionali.
Nati nella seconda metà degli Anni Settanta e cresciuti durante il devastante conflitto con l’Iraq, gli architetti dell’Iran post-rivoluzione hanno infatti operato per oltre un decennio nell’isolamento delle sanzioni internazionali. Un costante clima di instabilità, che non ha però impedito loro di ritagliarsi uno spazio di sperimentazione nell’edilizia privata. Fra tradizione millenaria, rigidi codici culturali e desiderio di contemporaneità.
Lo dimostra il lavoro dello studio Next Office del Dorfman Award Taghaboni, le cui residenze unifamiliari dall’estetica high-tech fondono con audacia tradizione vernacolare a tecnologie globali. Così, spingendo le tipiche coperture inclinate del nord del Paese verso nuovi limiti, la Villa for Younger Brother presenta una spettacolare sezione a V tanto in alzato quanto in pianta. Mentre l’adattabilità al clima delle abitazioni storiche di Teheran trova nella Sharifi-ha House una coraggiosa declinazione in volumi che, ruotando di 90° rispetto al filo di facciata, si trasformano in terrazze o salotti al mutare delle stagioni.

IL RUOLO DELL’ARCHITETTURA

Sulle potenzialità sociali dell’abitare lavorano invece gli ZAV architects Mohamadreza GodoushiParsa Ardam e Fati Rezaiee. Emblematico l’Habitat for Orphan Girls, eletto House of the Year 2018 dall’Architectural Review. Sfidando le rigide norme di Khansar, regala inediti momenti di libertà e condivisione alle sue piccole abitanti: a partire dalla prescritta tipologia a dormitorio, sostituita da una struttura con camere e spazi comuni su più livelli, passando per i balconi che, coperti da teli, liberano dall’obbligo dello hijab, fino alla tradizionale corte con fontana, spazio protetto per il gioco e la socialità.
Dopo la visibilità raggiunta con i recenti successi, gli studi guardano ora al futuro. Senza nascondere qualche incertezza: “Sono al settimo cielo per il Dorfman Award! Come altri premi in passato, spero aiuti il futuro di Next Office. Nella complessa situazione economica e politica del Paese è però impossibile fare previsioni”, confessa ad Artribune Taghaboni. “Con le attuali turbolenze è difficile fare piani, occorre flessibilità”, aggiunge Godoushi. Nonostante ciò, Next Office e ZAV continuano a sperimentare, fra abitazioni unifamiliari, hotel e i primi interventi pubblici. Nella convinzione che, conclude Godoushi, “l’architettura possa giocare un ruolo sociale ed economico determinante, per il bene della nostra nazione”.

‒ Marta Atzeni